Condividi su: Twitter condividi fb in

Brexit, ora che fare? Diventiamo tutti paradisi fiscali?

  1. L’Europa sta creando una bolla di paradisi fiscali.
  2. Come possiamo competere con i paradisi fiscali e con le superpotenze USA, Cina e Russia?
  3. Un’Europa che fa favoritismi, alla lunga, danneggia anche chi li riceve.

1 – L’Europa sta creando una bolla di paradisi fiscali.

Per capire i problemi dell’Europa partiamo da chi se ne vuole andare. Dopo la brexit la Gran Bretagna spera di diventare come la Svizzera, in realtà era già qualcosa di simile. Forse, tra non molto, non esiterà più la Gran Bretagna. Probabilmente, dopo la brexit, la Scozia e l’Irlanda del Nord proveranno a sperarsi dalla Gran Bretagna per motivi simili a quelli degli inglesi che vogliono separasi dall’Europa. La prosperità economica dei paradisi fiscali vicino l’Europa o dentro l’Europa sembra un modello perfetto.

Si potrebbe pensare che sia facile uscire dall’euro e diventare come la Svizzera. Ovvero diventare stati ricchi e efficienti, con tasse basse che attirano capitali e aziende e con grandi privilegi per i propri cittadini. Dove spesso gli stranieri, se non sono ricchissimi, hanno pochi diritti.

Come diventare un paradiso fiscale?

Per essere un paradiso, non solo fiscale, bisogna essere molto affidabili e stabili. La Svizzera e il Lussemburgo sono due esempi perfetti. Inoltre, per poter diventare un paradiso fiscale è importante avere dei vicini inefficienti e poco competitivi. Se poi i vicini hanno uno Stato costosissimo e magari corrotto, che impone tasse altissime e che non sa sfruttare i suoi punti di forza, diventa ancora più facile diventare un paradiso fiscale.

Finché in Europa c’erano tanti stati divisi era facilissimo fare come la Svizzera, l’Inghilterra, l’Irlanda, l’Olanda, il Lussemburgo, San Marino, ecc. Ora che c’è l’unione Europea, teoricamente, sarebbe stato più difficile fare concorrenza sfruttando semplici stratagemmi fiscali e a volte il segreto bancario che copre quasi ogni crimine. Tuttavia, l’Europa ha finora dimostrato di volere continuare a favorire i paradisi fiscali.

Non possiamo diventare tutti dei paradisi fiscali.

Un paradiso fiscale attrae più facilmente i capitali e le aziende delle nazioni più vicine. Se tutti gli Stati avessero più o meno le stesse tasse e ci fosse poca corruzione ovunque e molta efficienza ovunque, nessuno potrebbe essere un paradiso fiscale. Questa non è certo la situazione attuale, i forti squilibri rendono più attraenti i paradisi fiscali. Tuttavia, con l’aumentare dei paradisi fiscali, aumenta la competizione tra di loro e diminuisce il guadagno.

L’Europa, che ha come presidente l’ex premier lussemburghese Jean-Claud Junker, poteva quanto meno rendere meno attraenti i paradisi fiscali vicini o interni all’Europa? Evidentemente no. L’Europa sta creando una bolla di paradisi fiscali. Più l’Europa è inefficiente, debole e con tanti «inferni fiscali» come l’Italia, più conviene essere un paradiso fiscale vicino o dentro l’Europa. Bisogna andare nella direzione opposta.

I problemi dell’unione Europea sono una temporanea opportunità per alcuni.

Per avere accesso a questo mercato unico enorme, in teoria, tutti i partecipanti avrebbero dovuto accettare le regole del gioco uguali per tutti. Quello che è successo è che, il mercato unico non esiste ancora in troppi settori economici. Dove esiste il mercato unico, abbiamo dato l’accesso a quasi tutti quelli che erano fuori, chiedendo forse poco in cambio.

Senza una maggiore integrazione europea, la Germania sfrutterà il cambio dell’euro tenuto basso dai paesi in crisi come l’Italia, per far crescere a dismisura il suo surplus commerciale, violando le regole e soprattutto esportando deflazione e senza dare quasi nulla in cambio.

Questo non è un bene nemmeno per la Germania. Ad esempio, ci sarà molta immigrazione in Germania e disoccupazione in paesi come l’Italia e la Spagna. Questo porterà inevitabilmente altri problemi, politici e sociali e alla fine produrrà una riduzione dell’export. Solo la maggiore integrazione potrà far diventare l’Europa qualcosa di simile agli USA, evitando gli squilibri e creando molte opportunità di lavoro.

L’Italia è l’esempio più drammatico del fallimento dell’Europa. I dati Eurostat dimostrano che gli italiani si sono impoveriti enormemente dopo la crisi del 2008, nello stesso periodo altre nazioni europee hanno ridotto la povertà.

Certo, i problemi italiani non sono tutti provenienti dall’Europa. Comunque, l’Europa ha aumentato le inefficienze e le diseguaglianze, ci ha aumentato le tasse senza un’efficiente redistribuzione. Gli amici britannici hanno ragione, le istituzioni europee costano troppo e funzionano male.

Ad esempio, il parlamento Europe ha tre sedi. La sede più inutile e costosa è a Strasburgo in Francia, la più assurda è in uno stato paradiso fiscale in Europa, il Lussemburgo. La brexit è un fallimento dell’Europa e della Gran Bretagna e ne pagheremo tutti i costi, ma forse è ormai la soluzione migliore per tutti.

2 – Come possiamo competere con i paradisi fiscali e con le superpotenze USA, Cina e Russia?

Credo che l’Europa, per garantire, sicurezza, lavoro e tasse basse per i suoi cittadini, dovrebbe funzionare come gli Stati Uniti con alcune buone cose compiate dalla Svizzera. Copiare le unioni di Stati che funzionano bene, è l’unico modo per essere competitivi unendosi e di generare nuovi posti di lavoro. L’Europa dovrebbe diventare un vero mercato unico con tasse basse più o meno omogenee. In particolare, abbiamo due diverse leve per essere più competitivi:

a) Aumentare l’efficienza dell’Europa e degli stati Europei.

L’Europa deve fare tesoro delle critiche della Gran Bretagna. Ma la soluzione non è aumentare gli Stati privilegiati come la Gran Bretagna, il Lussemburgo o la Svizzera. Bisogna rendere tutta l’Europa nel suo insieme più snella, efficiente e omogenea. Lo si può fare aumentando le economie di scala e le sinergie. Riducendo contemporaneamente la corruzione e gli sprechi. Questo permetterebbe anche di ridurre le tasse e il debito.

Esempi di sinergie e di economie di scala che potrebbero essere create in Europa:

  • L’Unione bancaria che manca da troppo tempo.
  • Un unico mercato delle telecomunicazioni.
  • Un unico mercato del GAS europeo.
  • Un mercato finanziario europeo semplice, con bassi costi e omogeneo, l’esatto opposto della Tobin tax e delle tasse che ha l’Italia in campo finanziario.

b) Concedere a caro prezzo l’accesso al mercato unico.

Il mercato unico è un valore solo se siamo in grado di venderlo bene. Se lo svendiamo, non saremo in grado di competere con i paradisi fiscali e soprattutto con le grandi potenze mondiali, come USA, Cina e Russia.

L’Europa è come un grande supermercato. Se l’Europa non farà valere il suo enorme potere d’acquisto per pretende forti sconti o condizioni migliori dei concorrenti, fallirà.

Non basta essere nell’Unione Europea. Bisogna ancora fare la vera Unione Europea. Se saremo deboli, inefficienti, egoisti e divisi perderemo tutti. Un’Europa che genera enormi differenze di tassazione tra gli stati membri e tra gli stati che accedono al mercato unico, non ha futuro.

3 – Un’Europa che fa favoritismi, alla lunga, danneggia anche chi li riceve.

L’esempio della Gran Bretagna e dell’Irlanda.

I britannici volevano il mercato unico senza aderire all’euro, con benefici fiscali, continuando a spendere di più di quello che producevano. Poi si sono accorti che essere uno dei paradisi “artificiali” in Europa crea il fastidio dell’immigrazione di massa. Quindi, i britannici volevano un ennesimo privilegio, basta mercato unico del lavoro. Vogliamo le vostre aziende, i vostri capitali ma senza i lavoratori Europei. Fortunatamente, almeno su questo, l’Europa ha detto no.

Gli squilibri creano tensioni economiche o sociali, che alla fine esplodono.

Ad esempio, la Germania ha un surplus commerciale che da molti anni va oltre i limiti delle regole Europee. Se la Germania avesse una sua moneta si rivaluterebbe molto e, di conseguenza, si ridurrebbe naturalmente questo squilibrio. Senza questo meccanismo, la Germania non ha incentivi per indebitarsi di più, diminuendo le tasse o aumentando la spesa pubblica, per ridurre il cambio e spingere i consumi interni.

Con l’euro ci dovrebbero essere altri meccanismi per riequilibrare questi eccessi. Il suo squilibrio commerciale, senza una sistema di bilanciamento verso gli stati europei che permettono di mantenere bassi i tassi di cambio dell’euro, crea inevitabilmente altri squilibri. Così, alla lunga, si riduce la crescita economica degli altri Stati dell’unione, si genera disoccupazione fuori dalla Germania e vengono attratti milioni di immigrati in Germania.

Il suo squilibrio commerciale, pompato artificialmente dall’euro troppo debole per la Germania e troppo forte per l’Italia, è come una droga per l’economia. La Germania è disposta a tutto pur di mantenere il suo enorme surplus. Non è un caso se le banche tedesche e francesi erano le più esposte in Grecia. Come non è un caso che gli stati europei, che comprano più prodotti tedeschi, abbiano avuto più privilegi in Europa. Polonia e UK sono due esempi. Anche noi beneficiamo in parte dell’export della Germania, quindi, una parte del nostro sistema produttivo e politico, spingere per negare che ci siano dei pericoli.

I governi tedeschi temono di pagare il debito di altri Stati, quindi frenano sull’integrazione Europea. Tuttavia, nei fatti, la Germani incentiva il debito degli altri e continua a ridurre il suo debito anche nei periodi di crisi. A parole la Germania predica il rigore dei conti pubblici e un cambio dell’euro più alto ma in realtà, per soddisfare il suo surplus commerciale, vuole che gli altri si indebitino e vuole un cambio basso. Il rigore serve solo come scusa per bloccare l’integrazione Europea.

Così, la Germania può sfruttare l’euro che si svaluta, grazie a quel debito che cresce, per esportare ancora di più. Chiaramente questo meccanismo non è sostenibile a lungo. Il popolo tedesco è costretto a pagare molte più tasse di quelle che pagherebbe se ci fosse un Europa integrata come gli Stati Uniti o la Svizzera. Il popolo italiano è sfruttato con salari miseri e spesso deve affrontare la disoccupazione o l’emigrazione.

L’ingresso della Grecia e di altri paesi indebitati in Europa è una conseguenza degli squilibri volutamente irrisolti.

La Germania non ha esitato a vendere inutili sommergibili alla Grecia quando era già praticamente insolvente. La Germania e l’Italia per motivi opposti hanno spinto per fare entrare uno Stato fallito nell’euro. Molti economisti tedeschi aveva scritto che i conti della Grecia erano palesamene truccati, ma i politicanti europei hanno fatto finta di non saperlo. Così, hanno salvato le banche più corrotte e hanno sofferto i greci, gli italiani e i tedeschi.

Tutte queste dinamiche hanno delle conseguenze economiche, sociali e quindi politiche. Per ora, molti tedeschi vedono questi effetti solo nei tassi di cambio negativi del bund. Purtroppo, continuare a ridurre il debito pubblico tedesco, non volendo l’integrazione europea, influenza i tassi dei bund. Invece, l’opinione più diffusa è che sia solo colpa della BCE, che invece cerca solo di riequilibrare un po’ l’economia europea.

Non dobbiamo arrenderci di fronte alle difficoltà italiane ed europee.

L’unione Europea, se cambia, può essere ancora un’opportunità enorme, per competere ad armi pari con la Svizzera, gli USA, la Cina, la Russia e domani con la Gran Bretagna. Altrimenti, si salvi chi può.

Purtroppo il panorama politico italiano è a dir poco desolante, continuiamo a perdere su tutti i fronti. La debolezza dell’Italia non aiuta l’Europa. Piuttosto che votare per i soliti politici che ci hanno rovinato o per nuovi politici incapaci, nel 2017 ho provato a costruire un movimento politico che imponesse un cambiamento dal basso. Avevo provato seriamente a farlo partire ma ho capito che, per lanciare un movimento che possa poi realmente cambiare in meglio l’Italia, serve prima un cambiamento culturale diffuso.


© Riproduzione riservata.
Gli argomenti dei blog e i tasti di condivisione li trovi a inizio pagina.

Grazie
Enrico Filippucci
Enrico Filippucci. Profilo X in