La democrazia digitale, in inglese e-democracy, è una qualsiasi forma di democrazia che utilizza le tecnologie informatiche anche per consultare direttamente gli aderenti o i cittadini. La democrazia digitale non coincide necessariamente con la democrazia diretta. Più precisamente, la democrazia digitale dovrebbe facilitare delle forme di democrazia diretta nei vari tipi di democrazia, tramite le tecnologie digitali.
La digitalizzazione permette di fare molte più cose ma aumentano sia i rischi che i benefici. Questo è quello sta succedendo anche nella politica. Il passaggio alla democrazia digitale nei partiti e nei movimenti aumenta enormemente le opportunità e i pericoli.
La storia ci insegna che in politica, come in economia, le più belle teorie si infrangono quasi sempre con l’imprevedibilità del fattore umano. Difficile prevedere gli umori, l’ingegno, la forza economica, il potere e la tendenza criminale di alcuni esseri umani.
Ad esempio, il comunismo, una teoria politica ed economica teoricamente positiva, ha invece portato quasi sempre a risultati opposti a quelli teorizzati. Oppure il liberismo, che teoricamente doveva celebrare la supremazia del mercato sul dirigismo politico, invece ha portato, in alcuni casi, ad eccessi devastanti per la società. La stessa democrazia è lontana dall’essere un sistema politico perfetto. Anche in una democrazia, le derive corruttive e le manipolazioni dei più ricchi e potenti tendono sempre ad aumentare le diseguaglianze e a garantire rendite di posizione.
Vediamo prima i rischi che si delineano all’orizzonte e poi, nel secondo paragrafo, una possibile soluzione che massimizza i benefici e minimizza i rischi.
1. I rischi della democrazia digitale.
Le manipolazioni delle votazioni ci sono sempre state anche con i sistemi di votazione tradizionali. Ad esempio, se la base elettorale è piccola, non è difficile corrompere i votanti per fare scegliere come candidato chi si vuole. Oppure, si possono inventare notizie false sugli avversari per manipolare le opinioni dei votanti.
Anche senza arrivare a vere e proprie manipolazioni delle elezioni, la politica ha sempre avuto bisogno, quanto meno, di consulenti politici o spin doctor. Il loro lavoro aiuta a capire e a indirizzare i potenziali elettori verso un partito o un politico.
Con l’arrivo della rivoluzione digitale, tutto è diventato più potente e complesso. Le opportunità e i rischi aumentano di pari passo.
a) Le piattaforme informatiche dei partiti italiani sono attualmente tutte manipolabili da chi le controlla.
Partiamo da quello che sta succedendo in Italia. La Lega, con la creazione del sito Il Populista, che ricalca lo schema politico del blog di Grillo, potrebbe presto creare una piattaforma internet per la gestione del partito e dei militanti. Il Movimento 5 Stelle sta andando da tempo verso forme di democrazia digitale e presto anche il PD li seguirà. Il passaggio ai partiti online e alle votazioni digitali è solo questione di tempo.
Cosa hanno in comune tutte le piattaforme web dei partiti e dei movimenti attuali? Sono tutte piattaforme proprietarie centralizzate, senza trasparenza o con poca trasparenza.
Infatti, Rousseau è di proprietà di Davide Casaleggio e soci. Invece, Bob, la piattaforma del vecchio PD renziano, era sotto il controllo di Matteo Renzi e di Proforma, una delle agenzie di comunicazione politica di sua fiducia. Poi, quando Renzi ha perso potere è stata messa da parte.
Adesso, Zingaretti, il nuovo segretario del Partito Democratico, ha annunciato che lancerà la piattaforma Partitodemocratico digitale, che connetterà iscritti, simpatizzanti, elettori e cittadini che vogliono conoscere le proposte del partito o dare un loro contributo. Teoricamente, doveva anche essere trasparente, al contrario della piattaforma Rousseau. Doveva essere presentata a settembre 2019, poi a novembre, alla Costituente delle idee, ma è talmente trasparente che non si sa che fine abbia fatto.
Fino a prova contraria, queste piattaforme informatiche sono tutte manipolabili da chi le possiede o le gestisce. L’architettura utilizzata e la struttura di controllo, espongono il voto, e non solo il voto, a rischi non trascurabili di manipolazione.
b) Un organismo di controllo esterno fornisce garanzie sufficienti per la democrazia digitale?
Un semplice supervisore esterno, o un ente terzo di certificazione, non sono sufficienti a escludere ogni rischio di manipolazione o frode sulle piattaforme politiche digitale. Infatti, bisogna chiedersi:
- Chi controlla il controllore?
- Come si fa a garantire che il controllore non si sia accordato con il controllato?
- Il controllore è in grado di controllare un sistema informatico poco trasparente, molto complesso e posseduto dagli stessi dirigenti del partito o del movimento?
È evidente che un ente terzo di certificazione o un qualsiasi altro tipo di controllore, senza una completa trasparenza, può dare solo qualche garanzia in più.
c) La democrazia diretta sta portando alla creazione di partiti digitali e movimenti digitali.
Se ci si limitasse solo alle votazioni digitali i rischi sarebbero minori. Quello che sta succedendo è che si stanno creando dei veri e propri partiti digitali, basati su una piattaforma informatica. Una specie di partito social network, dove chi possiede la piattaforma internet del partito controlla tutto: iscritti, militanti, sostenitori, comunicazioni interne, notizie da diffondere sui social, votazioni, regole, espulsioni, ecc.
Anche considerando solo le votazioni online i rischi sono evidenti. Con le votazioni digitali fatte con queste piattaforme web, senza regole e architetture adeguate, gli imbrogli possono essere facili. Le votazioni potrebbero essere falsate con una semplice modifica del codice sorgente della piattaforma. In questo caso però, se venissero scoperti gli imbrogli, il danno sarebbe enorme.
Tenere segrete queste attività criminali non è facile, per fortuna gli esseri umani possono sorprendere anche positivamente. Per questo non sono le vere e proprie frodi a preoccuparmi in questo momento ma le manipolazioni unite alle profilazioni di aderenti al partito, dei candidati e degli elettori.
d) Manipolazioni e profilazioni con una piattaforma digitale nei partiti o nei movimenti politici.
Senza regole e architetture adeguate, anche la manipolazione delle votazioni diventa infinitamente più potente.
Il proprietario della piattaforma potrebbe manipolare le votazioni in molti modi, alcuni dei quali potenzialmente legali, ad esempio:
- Modificando la lista delle persone che possono votare in ciascuna votazione.
- Inviando ai votanti le notizie che servono a indirizzare le votazioni nel modo desiderato.
- Dividendo i votanti in gruppi che non possono comunicare tra loro.
- Selezionando le caratteristiche psicologiche dei votanti e inserendo in ogni gruppo le persone utili per indirizzare la votazione.
Manipolazioni e profilazioni di iscritti e candidati, possono garantire il controllo assoluto del partito.
Chi possiede la piattaforma può teoricamente leggere tutti i messaggi privati scambiati nella piattaforma. Anche se i messaggi privati tra gli iscritti fossero criptati, i proprietari della piattaforma potrebbero essere i soli a poter analizzare tutte le discussioni dei gruppi.
Inoltre, quali garanzie di segretezza danno le piattaforme di voto elettronico interne ai movimenti e ai partiti? Con l’analisi di informazioni riservate si possono facilmente escludere alcuni candidati per ragioni più o meno valide o nobili. In una piattaforma digitale centralizzata, senza regole pubbliche di consenso, anche l’esclusione degli elettori è facile. In alcuni casi, l’unica colpa dei candidati o degli elettori esclusi potrebbe essere il sospetto di una scarsa fedeltà verso la classe dirigente del movimento politico o del partito.
Se il tessuto sociale è facilmente corruttibile o facilmente manipolabile, è difficile che una tecnologia possa fare miracoli. Però, se la tecnologia utilizzata è già molto permeabile a truffe e manipolazioni, la democrazia digitale può diventare una dittatura digitale. In questo modo non esiste una selezione meritocratica o democratica della classe dirigente del partito.
e) La democrazia in Italia ha sempre avuto i suoi problemi.
Difficile dire se sia meglio un segretario di partito eletto democraticamente che sceglie tutti i candidati oppure un garante che possiede la piattaforma di voto e mette il veto su alcune votazioni online. Sembra che in Italia, con qualsiasi schema e con qualsiasi regola, vinca sempre la “peggiocrazia”.
Non voglio dire che in Italia prima c’era un sistema politico migliore. Senza soldi, senza televisioni e giornali non si andava da nessuna parte. Per questo motivo, chi usciva dal PC, ora PD, o da Forza Italia, era quasi sempre destinato all’oblio. Se non voleva elemosinare un’alleanza, o trovarsi un padrone, non aveva speranze.
Grazie alla rivoluzione digitale e ai social media, il Movimento Cinque Stelle ha potuto superare le vecchie barriere di ingresso. Quello che hanno fatto i Cinque Stelle è stato straordinario. Purtroppo, proprio le piattaforme di democrazia diretta, senza regole e correttivi, potrebbero creare ora nuove barrire di ingresso invalicabili.
f) I garanti non sono una soluzione sufficiente.
Affiancando agli strumenti di democrazia diretta uno o più garanti, teoricamente si risolverebbero alcuni dei problemi di cui ho parlato. I garanti dovrebbero impedire le manipolazioni e indirizzare il partito, o il movimento politico, secondo i valori costituenti. Nei partiti italiani c’è sempre qualcuno che può eliminare o scegliere i candidati per le elezioni. Che lo si chiami garante, segretario del partito o capo non cambia molto.
Sia Forza Italia che M5S hanno un garante o un proprietario che per definizione non può mai essere conteso. Se il cambio dei garanti o dei dirigenti lo si decidesse su una piattaforma digitale centralizzata, senza adeguate garanzie, potrebbe diventare solo una farsa. M5S, PD e Lega Nord potrebbero diventare di proprietà di chi possiede le piattaforme informatiche del partito.
Paradossalmente, la ricerca di una maggiore democrazia diretta, tramite la democrazia digitale, potrebbe facilitare la creazione di partiti azienda. Anche senza nessuna forma di democrazia diretta, la semplice creazione di piattaforme di partito digitali, può facilitare il controllo assoluto del partito.
Possedere la piattaforma digitale del partito, con o senza democrazia diretta, può consentire il controllo totale del partito. Se tutti i maggiori partiti italiani diventassero di proprietà di qualcuno, i rischi per la democrazia potrebbero aumentare. I garanti o i leder inamovibili potrebbero così consolidare il loro potere.
g) La contendibilità del potere con nuovi soggetti politici.
La democrazia interna ai partiti potrebbe essere un falso problema. Chi non è d’accordo con il leader si fa un suo partito o un suo movimento. Però, se non c’è più la contendibilità interna ai partiti, si deve garantire che chiunque fondi un nuovo partito, o un nuovo movimento politico, abbia qualche possibilità di successo.
Contendere il successo a partiti che posseggono, direttamente o indirettamente, televisioni, giornali, banche, ecc. è stato quasi sempre impossibile. Con la rivoluzione digitale si è rotta questa barriera di ingresso, che ora rischia di richiudersi per sempre.
Creare e gestire delle piattaforme digitali per un partito, richiede investimenti ingenti di tempo e denaro. Quindi, si possono creare facilmente delle barriere d’ingresso. Se poi, un paio di piattaforme proprietarie, avranno il monopolio dei sistemi di democrazia diretta o di gestione dei partiti, chi le possiede potrà escludere facilmente qualsiasi concorrente dalla vita politica.
In queste condizioni le scissioni diventano un suicidio politico di chi non possiede la piattaforma. Chi esce rimarrebbe senza voce e senza possibilità di ripartire.
h) Molto dipende da come viene sviluppata la piattaforma digitale del partito.
Le piattaforma di partito digitali, fatte con i giusti requisiti, possono rappresentare un’evoluzione positiva. Teoricamente, una maggiore democrazia diretta può essere una evoluzione positiva ma, come sempre in politica e in economia, bisogna stare molto attenti.
In Italia non siamo abituati a ragionare sul futuro, conta solo il presente. Invece, bisogna cercare di prevenire i problemi. Solo dopo una catastrofe, quando è spesso troppo tardi, si comincia a ragionare. Sarebbe meglio farlo prima.
L’unico vero baluardo per salvare la nostra democrazia siamo noi cittadini. Se non ci informiamo, non ci impegnano o non pretendiamo maggiori garanzie democratiche, rischiamo di finire sotto nuove forme di oligarchia o dittatura. Per qualcuno questo sarebbe un sogno, per me, e spero anche per te, questo sarebbe un incubo.
2. Una piattaforma di voto libera che facilita la democrazia diretta.
Per ridurre il rischio che qualcuno possa possedere il partito tramite la sua piattaforma web, per prima cosa si dovrebbe evitare di usare software centralizzati privati. Un modello più sicuro ed efficiente dovrebbe essere basato su un’architettura distribuita pubblica, con delle regole di consenso che lo governano automaticamente. Questo modello dovrebbe anche garantire che le transazioni e il codice possano essere verificati da tutti e siano immodificabili. Questi e altri obiettivi si potrebbero raggiungere usando le blockchain.
Vediamo alcuni vantaggi di questo modello di democrazia digitale distribuita che utilizza le blockchain e le regole di consenso.
- Non c’è un proprietario della piattaforma, tutte le decisioni vengono prese democraticamente e eseguite automaticamente dalle regole di consenso.
- Il codice sorgente dei programmi è pubblico per garantire che le regole automatiche applicate siano quelle concordate.
- Le transazioni dei voti e delle decisioni sono pubbliche e immodificabili, ma il voto può rimane segreto.
- Le regole di consenso, se venissero cambiate, dovrebbero essere accettate da tutti. In caso contrario possono portare a una scissione della piattaforma politica e di voto in due piattaforme indipendenti. Questo renderebbe possibili le scissioni del partito o del movimento, senza che nessuno sia in partenza invincibile.
- Un’architettura distribuita permette di condividere il costo tra i vari nodi. Si abbassano così le barriere di ingresso per chi volesse utilizzarla per il suo movimento.
Neanche questa architettura di democrazia digitale è esente da rischi. Ad esempio, come ho scritto nel mio articolo sulle blockchain, un giorno l’automazione delle decisioni, unita all’intelligenza artificiale, potrebbe portare alla dittatura dei robot. Ma, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, i pericoli più grandi e imminenti non vengono dai robot ma dagli uomini.
Una piattaforma per partiti digitali.
Partendo da queste considerazioni iniziali ho iniziato ad approfondire il progetto della creazione di una piattaforma per partiti digitali con le caratteristiche che ho descritto. Probabilmente non sarà sufficiente creare solo la piattaforma ma anche un movimento.
Ovviamente, alla fine non dovrebbe esistere un proprietario. Dovrebbe diventare un progetto collettivo. Rimane solo da capire come finanziare questo progetto che alla fine non sarebbe legato a un solo partito o a un solo movimento politico. Sarebbe una piattaforma software, aperta e distribuita, per movimenti politici o partiti digitali. La discussione è aperta.