Purtroppo, il rischio di rimanere senza gas naturale in Italia era evidente da tempo. Si può discutere se il rischio negli ultimi anni fosse alto o basso, ma sicuramente non era un rischio trascurabile e soprattutto non era un rischio imprevedibile (come vuole farci credere qualcuno).
Non ci voleva un genio della logistica per capire che i primi a rischiare di rimanere senza gas, in caso di problemi con i gasdotti o con la Russia, saremmo stati noi. Infatti, se il gas metano russo arriva in Italia attraversando tre Nazioni che dipendono più di noi dal gas Russo, in caso di riduzione del flusso di gas a noi potrebbe non arrivare nulla.
Inoltre, la Russia ha iniziato la sua campagna militare in Ucraina nel 2014 e da anni gli Stati Uniti ci dicono che era molto pericoloso continuare ad aumentare la quota di gas proveniente da Mosca. Certo, il gas Russo è tanto e ci costa meno di quello di altri possibili fornitori, tuttavia questo non giustifica la negazione sistematica di tutti i rischi.
Alla fine, siamo arrivati al punto che, dal 2019 in poi, questi rischi erano diventati così evidenti che persino io ero preoccupato.
Come siamo arrivati a ricevere il 43% del gas naturale solo dalla Russia?
Per qualcuno il gas metano era diventato inutile, pensavano che bastasse solo passare alle energie rinnovabili per non stare al freddo d’inverno e per far girare l’economia. Quindi, per questi illusi gli investimenti sul gas non si dovevano più fare.
Per altri, un po’ più realistici ma altrettanto incoscienti (governi tedeschi e italiani in testa) bastavano un po’ di investimenti in rinnovabili e sempre più gas naturale importato dalla Russia per ridurre le emissioni di CO2. In questo modo pensavano di eliminare la dipendenza dai combustibili fossili più inquinanti (carbone, lignite e petrolio). Inoltre, il gas russo, dopo aver fatto enormi investimenti nei gasdotti, era diventato economico. Invece, qualsiasi progetto d’investimento in gasdotti alternativi al gas russo o di estrazione di gas italiano è stato bloccato dai politici e dalle forze politiche italiane inette o “sponsorizzate” dalla Russia.
Purtroppo, quello che rischiamo ora è davvero tanto. Poiché, il prossimo inverno, se rimarremo senza gas metano, rischiamo di stare, non solo al freddo, ma anche senza lavoro. Infatti, la recessione economica indotta dal blocco energetico sarebbe inevitabile. Il motivo è semplice, senza il metano si riduce enormemente la produzione di elettricità e senza elettricità le chiudono fabbriche che non producono beni essenziali e le aziende non strategiche. Questo meccanismo deriva dalla necessità di garantire l’erogazione dell’elettricità almeno alle abitazioni civili.
Adesso come siamo messi con il gas metano che arriva dalla Russia?
L’Italia, nonostante sia uno dei paesi europei più lontani dalla Russia, importava a inizio 2022 il 38% del gas dalla Russia, circa 29 miliardi di mc di gas.
La cosa più sorprendente è che la quota di gas Russo importato in Italia è aumentata dal 2012 al 2022 di circa il 27%. Il calcolo di questo aumento deriva da questi dati, nel 2012 la quota di gas che arrivava dalla Russia in Italia era intorno al 30%, a inizio 2022 era il 38% ma abbiamo toccato un picco del 43% nel 2020.
Invece, la produzione italiana di gas è passata da 20 miliardi di metri cubi a circa 3 miliardi di metri cubi. Quindi, l’Italia importa dall’estero il 95% del gas che consuma (circa 72 mld di mc).
Adesso, i nodi vengono al pettine, la Russia ci sta mandando sempre meno gas. Quindi, ora non siamo al sicuro né sul fronte energetico né su quello economico. Infatti, anche se il governo Draghi ha fatto un mezzo miracolo, riducendo la dipendenza dal gas naturale Russo al 25% di tutto il gas metano importato in Italia e riempiendo al 60% gli stoccaggi di gas, dati di luglio 2022, il gas naturale rappresenta oltre il 40% del mix energetico italiano. Quindi, il rischio di rimenare al freddo il prossimo inverno è ancora alto. Però, come abbiamo visto, il rischio più probabile di una carenza di gas naturale è quello di una durissima recessione indotta dal blocco delle attività produttive.