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Il rappresentante commerciale dopo la rivoluzione digitale

Indice dell’articolo:

  1. Il rappresentante commerciale, alcuni episodi da me vissuti.
  2. Puoi incontrare clienti che conoscono le tue soluzioni meglio di te.
  3. Le crisi sui social, da pericolo a opportunità.
  4. Il prezioso parco clienti è diventato un parco giochi pubblico.
  5. I clienti non vogliono essere più prede ma cacciatori.
  6. Digitalizzare un’azienda partendo dalle persone.
  7. Dare fiducia e lasciare provare, nessuno sa cosa funzionerà meglio domani.
  8. Conclusioni.

1. Il rappresentante commerciale, alcuni episodi da me vissuti.

Quando riuscii a passare dalla carriera tecnica al ruolo di rappresentante commerciale, il direttore della filiale mi disse: “pensaci bene Enrico, non si torna più indietro”.

Come vedremo, le vendite sono diventate talmente complesse che ogni esperienza passata torna utile. Bisogna acquisire nuove competenze non abbandonando le altre. La divisione tra commerciale, tecnico, consulente, esperto di social media, ecc. è diventata molto più flebile. Sono gli effetti della rivoluzione digitale.

La mia azienda di allora, la USDATA, una start-up di un software per la supervisione e il controllo di impianti industriali, voleva che capissimo le esigenze del cliente e lo aiutassimo a risolvere i suoi problemi con le nostre soluzioni. Mi ero specializzato nel “consultative selling”. Provenendo da una esperienza tecnica, questo tipo di vendita è sempre stato il mio preferito.

Quando poi sono passato a lavorare in IBM, anche grazie a queste capacità, sono riuscito a vendere soluzioni complesse e a documentare molto bene le soluzioni vendute.

Le referenze erano lo strumento principale per infondere fiducia nella soluzione venduta.

Le referenze, fatte da chi aveva venduto la soluzione e pubblicate internamente all’azienda, erano fondamentali e quasi insostituibili.

Ad esempio, fui il primo in Italia a vendere dello storage esterno IBM, a un cliente iSeries. Creai una referenza internazionale con il consenso del cliente, documentando la soluzione venduta per farla diventare la prova della bontà delle nostre soluzioni dai clienti. Fui il primo nel mondo, per IBM, a vendere una soluzione storage con NAS IBM per il “rendering cinematografico”. Anche in questo caso creai una referenza internazionale e ottenni un premio per la referenza.

Come vedremo, con l’avvento dei social media ci sono stati molti cambiamenti anche in questo aspetto.

Il cambiamento stava per impattare prima di tutto le aziende.

Nel 2000, si credeva che il futuro dei social media fosse la riproduzione del mondo reale nel mondo digitale. In quegli anni lavoravo in IBM e anche IBM sperimentò un suo ufficio vendite su Second Life. Teoricamente i clienti, con un loro avatar su Second-Life, avrebbero dovuto fare domande e, forse in futuro, comprare da un avatar di rappresentante IBM.

Era l’approccio sbagliato, non serviva riprodurre il mondo reale, ma IBM avrebbe dovuto continuare a sperimentare l’offerta di servizi tramite il web. Per alcuni anni preferì fare solo il fornitore, di software, servizi e hardware, per chi stava investendo nei social media e nell’eCommerce.

La regola non scritta, non competere con i tuoi clienti, stava per essere stracciata.

IBM allora non lo aveva capito, preferì non competere con alcuni suoi clienti. Negli anni successivi IBM e HP furono ripetutamente battute da Amazon nella vendita di enormi contratti di servizi Cloud. Anche Google è entrato molto seriamente nei servizi cloud, il “Compute Engine” è stato lanciato a novembre 2013 e sta ottenendo ottimi risultati. Microsoft, un tempo cliente di IBM e HP, punta soprattutto sui suoi servizi cloud per aumentare il fatturato e gli utili. Oggi tutti, compresi IBM e HP, sono entrati nella lotta per la leadership nei servizi cloud.

L’errore di IBM non fu il fallimento del suo esperimento, fu smettere di sperimentare e sviluppare i servizi web quando era ancora tutto all’inizio e non aver capito velocemente quello che sarebbe potuto accadere con questi nuovi strumenti.

La rivoluzione digitale è esplosa in tutta la sua forza, sono cambiate molte cose, non solo per IBM. I rappresentanti commerciali tradizionali sono diventati, in un certo senso, una specie in via di estinzione. Come molte altre professioni questo mestiere, per colpa, o per merito, della rivoluzione digitale, sta subendo profonde trasformazioni.

2. Puoi incontrare clienti che conoscono le tue soluzioni meglio di te.

Mentre prima, come abbiamo visto, si usavano molto le referenze prodotte internamente. Adesso i clienti possono essere più preparati sulle soluzioni che vende un’azienda, rispetto ai dipendenti o agli agenti dell’azienda stessa.

Può succedere che siano i clienti, o chiunque altro, a creare le referenze delle soluzioni vendute al posto dei dipendenti o con i dipendenti dell’azienda. Oppure i clienti posso commentare la soluzione pubblicamente e liberamente, contribuendo anche alla diffusione.

  • Il cliente potrebbe sapere già tutto sulla soluzione, allora il commerciale può essere meno preparato? No, è vero il contrario.

Essere competenti è più importante di prima, la credibilità e la fiducia dipendono anche da questo.

Non basta conoscere bene il proprio orticello.

Nel mondo digitale le informazioni non le hanno solo i clienti, anche i rappresentanti commerciali devono usare tutte le informazioni disponibili su internet.

Il rappresentante commerciale dovrebbe diventare un nuovo tipo di sales manager sales che organizza e capisce tutto il processo di vendita con i nuovi strumenti digitali. Come minimo, dovrebbe sapere il più possibile dell’azienda a cui vuole vendere le soluzioni, cosa può offrire la concorrenza, i punti di forza e di debolezza. Per farlo deve essere in grado di cercare le informazioni importanti nel mare di informazioni disponibili.

Vendere una soluzione è più facile se si cerca di capire i punti di forza e di debolezza dell’azienda del potenziale cliente. In questo modo si può offrire qualcosa di veramente utile o servirà per presentare la soluzione nel modo migliore. Ad esempio, oggi si possono reperire informazioni economiche su aziende specifiche o avvalersi di strumenti di business intelligence. Oppure, si possono analizzare i big data per avere statistiche e rapporti su tutti i potenziali clienti e sui nostri clienti.

Saper valutare un’azienda a 360 gradi e avere capacità comunicative tradizionali e digitali, non è mai stato così importante.

Prima bastava domandare e ascoltare il cliente che ci diceva i suoi problemi, oggi si arriva a fare le analisi dei Big Data per trovare informazioni utili. Le mie esperienze informatiche e in campo economico finanziario, sono state molto utili, non solo per vendere soluzioni.

3. Le crisi sui social, da pericolo a opportunità.

Sul web si trova di tutto e si discute di tutto. Quando si ha un problema con un cliente, se non viene risolto bene e velocemente, c’è il rischio che lo vengano a sapere tutti. La visibilità nel web e nei social media non è solo a livello italiano ma può essere a livello mondiale.

Alcuni comportamenti, un tempo tollerati, oggi rischiano di fare danni irreparabili:

  • Fino a qualche anno fa, poteva essere accettato il sales manager che non conosceva bene quello che vendeva.
  • Vendere, qualcosa che molto difficilmente funzionerà.
  • Creare aspettative esagerate.

Sarà sempre più importante saper gestire in prima persona il cliente, non solo sul campo ma anche sui social media. La reputazione online dell’azienda e dei suoi rappresentanti sono sempre a rischio. Non basta affidarsi solo agli esperti dei social media, bisogna metterci la faccia e sapere cosa fare.

Con i mezzi di comunicazione digitali, ogni crisi può essere un’occasione preziosa per migliorarsi o per rovinarsi.

Tutta l’azienda dovrebbe essere in grado di rispondere alle crisi sul web. Una persona o una singola funzione aziendale spesso può solo tamponare il problema.

Ci sono crisi sul web non prodotte dal reparto vendite o da quello tecnico ma dal marketing o dai top manager. Crisi spesso provocate da esperimenti troppo frettolosi o superficiali o da ingenuità nell’uso dei mezzi di comunicazione. Purtroppo, è un costo che qualche volta si paga, se non si rischia mai non si progredisce.

In alcuni casi, per prevenire il problema, sarebbe bastato chiedere qualche opinione preventiva ai clienti, magari tramite i social, o almeno discuterne prima, tra più funzioni aziendali.

Ci sono squadre di esperti della gestione delle crisi sul web, persino loro hanno bisogno del sostegno dei dipendenti e della solida reputazione dell’azienda, la rete non dimentica facilmente e i miracoli non li fanno nemmeno loro.

4. Il prezioso parco clienti è diventato un parco giochi pubblico.

Il “parco clienti”, uno dei punti di forza di un rappresentante commerciale, rischia di diventare secondario o addirittura inutile in certi casi.

Su Linkedin, qualcuno proteggeva i suoi contatti, non condividendoli con gli altri suoi contatti. Inizialmente c’erano molte persone che si arrabbiavano, trovando un loro contatto che nascondeva i nominativi degli altri suoi contatti su Linkedin. Adesso ho notato che non si arrabbia più nessuno, forse anche perché in pochi nascondono i propri contatti, vediamo perché.

Linkedin vende servizi per poter scrivere a quasi chiunque sta su Linkedin. Se non si vuole pagare Linkedin ci sono le comunità online e i gruppi, dove si possono cercare e conoscere nuove persone. Se il potenziale cliente che cerchiamo non utilizzasse i social network, con il direct marketing lo si può raggiungere con le email.

Oppure lo si può raggiungere con le pubblicità durante la navigazione o durante le sue ricerche. Le pubblicità saranno sempre più mirate e basate sul tracciamento delle attività in rete, profilando gli interessi e molto altro.

Alla fine, i potenziali clienti sono bombardati dal marketing digitale.

Costruire una riserva di fiducia, sia nel mondo reale che in quello digitale.

Fiducia o autorevolezza, sono sinonimi di una reputazione positiva sia nella vita reale che in quella digitale. È difficile, per una persona che non ha un patrimonio di fiducia nel mondo reale, creare relazioni di fiducia durature nel mondo digitale o viceversa. La reputazione digitale e quella del mondo reale si influenzano reciprocamente.

Quello che conta, e conterà sempre, è la relazione di fiducia che si instaura tra le persone. Come già detto, i contatti e i loro riferimenti sono ormai disponibili a tutti.

Si può dare più facilmente fiducia, grazie agli strumenti digitali, ma si può perdere più facilmente la fiducia ricevuta. Tutto può accadere senza incontrarsi di persona o avere visto un prodotto o provato un servizio.

Questo è il bello dei social network, ma non mi riferisco solo ai più famosi. Persino i siti di eCommerce o i blog sono dei social network importanti.

5. I clienti non vogliono essere più prede ma cacciatori.

I potenziali clienti sono saturati sempre di più dal marketing digitale invasivo, forse un giorno questo renderà inutile questo tipo di marketing digitale. Forse non servirà nemmeno contattare i potenziali nuovi clienti, il venditore ossessivo sta diventando come un computer che fa spam, quasi inutile?

Di sicuro i clienti cercheranno quello che gli serve direttamente sulla rete. Lo faranno sempre di più e con più efficacia e precisione. Oggi, si trova quasi tutto online, si capisce facilmente la reputazione del venditore, quella del prodotto e tutte le sue caratteristiche, compresi i dubbi più impensabili dei clienti. Tutto questo, può essere fatto senza mai contattare un rappresentante commerciale.

Ci sono tante statistiche e sondaggi che dimostrano come è cambiato e in che direzione va il comportamento dei buyer. Molti di questi sondaggi provengono dagli USA. I sondaggi dimostrano che, la maggior parte dei buyer, utilizza il mondo digitale per informarsi su prodotti e soluzioni. Leggono i commenti dei loro colleghi e discutono online. Forse in Italia non è ancora così diffuso come in altri paesi, ma sarà così tra non molto.

Si vende tutto sui social network e sui motori di ricerca.

Tutti possiamo capire, con un esempio banale, qual è questa direzione. Su Amazon, su eBay e nei siti web tramite Google Shopping o altri motori di ricerca, si possono leggere le recensioni di altri clienti che hanno acquistato un prodotto e le sue caratteristiche. Se non bastasse, si possono fare domande, a cui risponderanno altri clienti o il venditore, aumentando così le informazioni disponibili per tutti.

Così, si può valutare un prodotto da ogni punto di vista. Si valuta il fornitore, si chiariscono i dubbi, si confrontano diversi fornitori. Poi, il potenziale cliente decide dove comprare il prodotto. Spesso il cliente compra sul sito che gli ha dato le migliori informazioni.

Nella vendita di soluzioni complesse non è certo così facile. Però, chi riesce a farsi cercare dai clienti e a trattarli e a servirli nel migliore dei modi, continuerà a fare ottimi affari. Quando tutti spingono, per fare colpo, bisogna sapere come farsi notare.

Il content marketing e il Social Selling possono essere una risposta a questi nuovi comportamenti.

Tramite il content marketing, vengono prodotti contenuti utili o piacevoli da leggere, che promuovono indirettamente qualcosa.

Chi sa usare i social media, sa come farsi seguire senza fare inutile spam. Queste competenze non si imparano in un mese, ci vogliono anni di esperienza e soprattutto non si smette mai di imparare. Inoltre, non si tratta solo di competenze ma anche di reputazione che si costruisce solo nel tempo.

C’è chi preferisce parlare semplicemente di Social Selling, un nuovo termine generico che dovrebbe comprendere tutte le attività che sui social media producono o aiutano le vendite.

Ognuno, partendo da questo termine, declina la sua lista di priorità e di attività da far fare alle aziende, sia internamente che sui social media. Vendere di più con dei suggerimenti generici è molto difficile. Ci sono sicuramente ottimi suggerimenti generali, ma purtroppo nessuno ha una ricetta valida per tutti e quello che funziona oggi può non funzionare domani.

Estremizzando: ogni azienda è diversa, ogni reparto dell’azienda è diverso e ogni persona è diversa. Imporre delle regole uguali per tutti, in un contesto in rapida evoluzione, non produce quasi mai buoni risultati.

Ci sono ancora tanti clienti esclusivamente analogici, ma tra non molto ci saranno solo clienti digitalizzati. La buona notizia è che le capacità di un buon commerciale tradizionale sono fondamentali anche nel mondo digitale.

6. Digitalizzare un’azienda partendo dalle persone.

Dipendenti e consulenti devono imparare a usare i nuovi strumenti digitali in modo nuovo, non replicando i comportamenti precedenti. Ad esempio, molte aziende e molti consulenti non hanno capito che continuare a ragionare in termini di quantità fa la differenza tra SPAM e autorevolezza.

Ad esempio, c’è chi suggerisce di far celebrare ogni vendita dell’azienda dai dipendenti sui social media. Che valore dà a un cliente sapere che un venditore celebra tutte le sue vendite online? Quanto tempo ci metteranno i contatti dei dipendenti a silenziarli tutti?

Oppure, a che serve avere un’azienda che utilizza i Big Data nelle vendite, quando poi i commerciali non li sanno usare o non li vogliono usare?

Si possono fare tanti esempi di comportamenti probabilmente destinati a fallire o peggio. Uso sempre il condizionale, il mondo dei social media e anche quello delle vendite non sono scienze esatte.

Ci sono persone che fanno una specie di spam costante delle loro attività lavorative e hanno successo. Sono casi rari in cui con l’ironia e l’originalità riescono a compensare la monotona ripetizione della loro vita lavorativa, non so per quanto ancora. Ma quanti hanno la capacità di comunicare divertendo cose noiose e ripetitive?

Non è facile cambiare il modo di ragionare di un manager e di un commerciale. Molti consulenti sono essi stessi “analogici” o preferiscono assecondare i clienti, adattando i social media al vecchio mondo analogico, come nel mio esempio di Second Life. In questo modo il manager analogico si sente rassicurato, ma farebbe bene a preoccuparsi.

In generale, secondo me, l’imposizione di comportamenti standard per tutti, produce più danni che benefici sui social media.

7. Dare fiducia e lasciare provare, nessuno sa cosa funzionerà meglio domani.

Chi pensa di non avere la sensibilità o la voglia di crearsi una presenza professionale sui social media, è meglio che faccia quello che sa fare meglio o cerchi altre strade. Chi pensa di avere le capacità non deve essere inibito preventivamente. Ci saranno sicuramente dei fallimenti, ma qualcuno riuscirà a costruire qualcosa di importante per sé e per l’azienda.

La cosa più semplice sarebbe valorizzare chi ha già queste capacità in azienda, altrimenti si possono assumere nuovi commerciali con queste capacità già sviluppate. L’emulazione di comportamenti virtuosi è una forza straordinaria all’interno di un’organizzazione.

Attenzione però, emulare non vuol dire copiare, alla base di tutto ci deve essere la creatività, la spontaneità, l’originalità. Chi copia non produce valore per sé e per l’azienda.

Sperare di risolvere tutto con il fenomeno di turno è un modo antiquato di affrontare il mondo digitale. A mio giudizio, se un consulente non ha fatto nulla di eclatante nel mondo commerciale e in quello digitale, oltre a scriverne e parlarne, è difficile che saprà insegnare cose veramente utili a chi vende.

Il mondo delle vendite è un mondo molto complesso, le capacità e l’esperienza di un venditore tradizionale sono sempre necessarie.

Un esperto di strategie sui social, per quanto possa essere bravo, se non ha avuto vere esperienze commerciali, rischia di dare consigli inutili o addirittura sbagliati. Oppure potrebbe dare consigli giusti ma che nessuno seguirà perché non sa parlare ai manager delle vendite.

Un’idea alternativa potrebbe essere quella di avere un esperto di strategie sui social media sempre a contatto con la forza vendita dell’azienda. Dubito però che la forza vendita segua i suoi consigli o che lo emulino, a meno che non sia un concorrente credibile. :-) Ma non si sa mai, bisogna sperimentare.

8. Conclusioni.

Molte più competenze e capacità sono necessarie oggi, comprese quelle “analogiche”, per fare bene i rappresentati commerciali, gli agenti e soprattutto i sales manager. Inoltre, bisogna continuare ad acquisire sempre maggiori competenze.

Nelle vendite complesse servirà sempre di più:

  • Comprendere sotto ogni aspetto l’azienda a cui si vuole vendere.
  • Saper trovare i punti di forza e di debolezza di un’azienda.
  • Aumentare la propria autorevolezza nel mondo reale e in quello digitale.
  • Aumentare il patrimonio di fiducia, che i clienti reali o potenziali attribuiscono alla persona e all’azienda, sia nel mondo reale che in quello digitale.
  • Sapere come farsi cercare nel web.
  • Sperimentare e acquisire sempre nuove competenze.

Nelle vendite complesse sarà meno importate:

  • La lista dei clienti.
  • La pressione sui potenziali clienti per cercare di vendere.

Queste sono alcune dinamiche che ho cercato di individuare e spiegare, e potrebbero fare la differenza tra una professione in crisi e una in espansione.

Ne consegue che:

  • Per le persone: per acquisire sempre nuove competenze, sperimentando liberamente, è utile avere delle buone basi su cui costruire. Tutto serve, esperienze lavorative diverse, studio, interessi personali.
  • Per le aziende: la rivoluzione digitale procura ansia, è inutile placarla con delle facili ricette rassicuranti che emulano il mondo prima della rivoluzione digitale. Visto che il mondo digitale cambia sempre più velocemente, se non si fanno esperimenti si rischia di puntare solo su cose che funzionavano per qualcuno ma che oggi non funzionano più.

Solo sperimentando nel mondo digitale, si potrà sperare di prendere alcune decisioni che in seguito daranno ottimi frutti.

La simpatia, la cortesia, la competenza, la capacità di ascolto e le altre qualità di un bravo commerciale, contano sia nel mondo reale che in quello digitale. Almeno questo spero, nessuna rivoluzione potrà cambiarlo.


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