Le aziende italiane possono essere penalizzate sui social media?
Per rispondere a questa domanda andiamo per gradi, partiamo da un esempio particolare per poi fare un discorso più generale.
Indice:
- Come funzionano Linkedin Publishing e gli influencer ufficiali.
- Linkedin Publishing è limitato e penalizza i contenuti e gli influencer non anglofoni.
- C’è un’alterazione della concorrenza sui Social Media?
- Conclusioni.
1 – Come funzionano Linkedin Publishing e gli influencer ufficiali.
Da quando Linkedin ha comprato Pulse si è lanciata sempre più nella creazione e diffusione di contenuti di qualità. Con l’integrazione di Pulse dentro Linkedin, ha creato una “Publishing platform” che aumenta il traffico, la pubblicità e la capacità di fare inbound marketing. Linkedin ha rinominato Pulse, ora si chiama Linkedin Publishing. Per accedere a Linkedin Publishing, dopo aver fatto il login, si può andare su: www.linkedin.com/post/
Chi scrive i contenuti su Linkedin Publishing può fare, ad esempio:
- Nel caso delle aziende, self branding, employer branding e content marketing.
- I professionisti possono usarlo per fare personal branding.
Inoltre, Linkedin Publishing diffonde le news di editori selezionati, questi editori hanno dei feed che possono essere seguiti.
Come vedremo, Linkedin usa Linkedin Publishing per fare content marketing e native advertising.
- Dentro Linkedin c’è uno staff dedicato al content marketing. Ufficialmente il content marketing di Linkedin è inserito nelle “Talent Solutions“. Nei primi tre trimestri del 2014, le talent solutions, hanno rappresentato circa il 61% del fatturato di Linkedin. Sembra anche che tutto il content marketing sia gestito direttamente dalla California.
- Mentre la pubblicità classica, le Marketing Solution di Linkedin, rappresentano nello stesso periodo circa il 19% del fatturato di Linkedin. All’interno delle “Marketing Solutions” troviamo le pubblicità classiche, il native advertising e le sponsorizzazioni a pagamento di contenuti delle pagine aziendali.
Chi può scrivere su Linkedin Publishing?
Inizialmente Pulse era una piattaforma di publishing riservata alla pubblicazione di articoli da parte di chi era già un influencer di prestigio in America.
Successivamente Linkedin Publishing è stato aperto a tutti iscritti di Linkedin. Ma i contenuti prodotti da un normale iscritto non hanno la stessa visibilità di quelli prodotti da un influencer ufficiale.
Gli influencer sono rimasti un’élite anglofona dentro Linkedin.
I giornalisti più famosi, i grandi imprenditori, i personaggi dello spettacolo, i politici, ecc. sono gli influencer ideali per Linkedin. Questo tipo di persone sono diventati gli influencer ufficiali di Linkedin. Ci sono almeno 500 influencer, tutti scelti da Linkedin in modo discrezionale, in base alla popolarità, alla rilevanza sociale e alla costanza nel produrre contenuti.
Nella versione italiana gli influencer di Linkedin si chiamano membri influenti. Tra gli influencer ufficiali non esiste nessun italiano che lavori in Italia o che scriva in italiano. Gli influencer vengono promossi da Linkedin e hanno un loro canale di feed che si può seguire su Linkedin. Ogni influencer ufficiale ha, in alto a destra, nel suo profilo Linkedin, il logo che vedi qui sopra.
Anche gli Editori di news selezionati da Linkedin hanno il loro canale di feed.
Come scrivere su Linkedin Publishing:
Inizialmente c’è stato trovato molto entusiasmo tra gli iscritti a Linkedin per l’arrivo di Pulse. Anche io ero incuriosito e ho scoperto alcune funzionalità meno note di Linkedin Publishing.
- Scrivere un articolo su Linkedin Publishing: Linkedin chiama “Long Post” gli articoli scritti su questa piattaforma di publishing. Credo per differenziarli dai più semplici post che si possono fare nei gruppi o nella home page. L’editor dei long post è ancora limitato ma continuano a migliorarlo. Se ci si accontenta è semplice da usare, ma non ha molte funzionalità. Se volete un editor più sofisticato potete usare un editor html esterno e poi copiare i contenuti. Alla fine il risultato è comunque più che accertabile graficamente e come impaginazione.
- Cominciando a scrivere long post si avrà anche un semplice blog, con molte limitazioni. La pagina del blog personale e accessibile da un link solo dopo aver fatto il login: linkedin.com/post/new/published. Il blog personale gratuito che ci fornisce Linkedin si trova anche nel profilo sotto la voce I tuoi articoli e le tue attività, con un’anteprima di alcuni articoli.
Diventando autori su Linkedin Publishing non si diventa un influencer di Linkedin.
Se leggendo un post decidete di seguire un autore di Linkedin Publishing, anche se non è un influencer di Linkedin, i suoi aggiornamenti compariranno nella vostra home page. I normali autori però non compariranno mai nelle pagine riassuntive di Linkedin Publishing, che sono riservate ai membri influenti per Linkedin e agli editori selezionati da Linkedin.
Su LinkedIn da poco si possono fare video di 30 secondi invece di scrivere un post. Per ora solo i 500 influencer ufficiali di Linkedin possono fare i video con la nuova App di Linkedin. Sicuramente tra non molto tutti gli iscritti a Linkedin potranno fare video di 30 secondi.
Il problema non è se registrare o scrivere i contenuti ma far vedere o leggere i contenuti a più persone possibile o alle persone giuste. Vediamo dove Pulse sembrava quantomeno carente per gli utenti e le imprese italiane.
2 – Linkedin Publishing è limitato e penalizza i contenuti e gli influencer non anglofoni.
Su Linkedin Publishing noterete che gli articoli sono tutti scritti in inglese, anche se alcune voci del menu sono in italiano. Non c’è modo di selezionare solo i post in italiano.
Linkedin non ha creato sufficienti versioni localizzate. Forse anche per questo ha deciso di togliere Linkedin Publishing dal menu Interessi. Di conseguenza per accedere ora bisogna digitare “linkedin.com/post/” o arrivarci tramite uno dei tanti post.
- Linkedin tratta i long post come fossero banali commenti di un blog. Una grossa limitazione rispetto a un blog tradizionale è la quasi inutilità, ai fini SEO dei long post su Linkedin. I Link esterni, inseriti in un long post su Linkedin, erano tutti NoFollow. Quindi i link non trasferivano valore alle pagine linkate. Ora non sono più noFollow ma sono probabilmente dei redirect senza 301, che non trasferiscono ugualmente valore alle pagine linkate. Lo si capisce dal fatto che Linkedin risponde con un codice 999, “Request denied”. Linkedin fa ignorare ai motori di ricerca i link che gli autori inseriscono nei loro long post. In un vero blog, è l’autore che decide se un link è Follow o NoFollow.
- Avere tutti link NoFollow in un post e come dire inserisco solo link poco affidabili, non è un bel messaggio per i motori di ricerca.
Influencer ufficiali e canali di Pulse:
I canali e gli influencer di Linkedin Pulse esistono ancora dentro Linkedin Publishing. Questa è l’unica cosa rimasta di Pulse.
Nella versione 2017 della home page di Linkedin gli influencer li suggerisce direttamente Linkedin. Arrivano delle notifiche nella nostra home page come quella nella foto qui sotto.
Ho provato a cercare un personaggio influente italiano tra gli influencer selezionati da Linkedin, non ci sono. Non c’è nemmeno una testata giornalistica italiana tra gli editori.
Tra gli influencer non ci sono persone che scrivono in italiano ma ci sono quasi solo influencer ed editori americani. Forse, con le versioni locali di Pulse, ci sarebbero stati ora anche influencer ufficiali di Linkedin tedeschi, francesi, italiani, ecc. Il progetto di localizzazione di Linkedin Publishing è stato però sospeso con l’arrivo di Microsoft.
Riassumendo questa è la situazione:
- Suggerimenti, nessun italiano o azienda italiana.
- Membri influenti, nessun italiano tra gli influencer ufficiali e nessuna azienda italiana.
- Canali, “Raccolte di articoli e informazioni su argomenti specifici”, non ho trovato nessuna fonte di origine italiana.
- Editori; “Notizie da fonti specializzate e di portata mondiale”, nessuna azienda italiana anche qui. La sensazione è che non sono notizie di portata mondiale, ma notizie da “Corporate America”. Potrebbe essere che gli editori italiani non vogliano dare le loro notizie o che Linkedin voglia solo editori che pubblicano in inglese.
Ricerche dentro Linkedin Publishing:
Ricerche di articoli in italiano.
Anche nelle ricerche degli articoli non è possibile selezionare solo post in italiano. Questo ha delle conseguenze gravi.
Visto che molte delle parole tecniche sono in inglese, se scrivete, ad esempio, un articolo sui Social Media in italiano, non lo troverete mai cercando su Linkedin Publishing. Gli articoli in italiano, che scrivono di Social Media, andranno sotto migliaia di articoli in inglese, risultando introvabili nelle ricerche con parole inglesi. Questo aspetto sarebbe molto facile da risolvere se Linkedin volesse, basterebbe suddividere le lingue.
Ricerche di post in inglese.
Scrivendo articoli o meglio long post in inglese, forse si potrà provare a competere nelle ricerche di Linkedin. Attualmente se non sei nordamericano è quasi impossibile arrivare nei canali di Pulse di cui ho appena parlato. Sembra impossibile sperare di diventare un feed selezionabile come quelli presenti nella pagina membri influenti o nella pagina Editori di Linkedin Publishing.
Ovviamente i contenuti si possono promuovere anche in altri social media o pagando. Oppure, se si hanno molti contatti, si può fare un articolo di successo nonostante queste limitazioni.
3 – C’è un’alterazione della concorrenza sui Social Media?
I comportamenti che ho descritto di Linkedin sono legittimi anche se a noi sfavorevoli. Linkedin è un’azienda privata che decide cosa e chi deve essere aiutato. Quindi, quello che fa Linkedin non è un problema di alterazione della concorrenza, a meno che non assuma una posizione dominate nel mercato e ne abusi per impedire la libera concorrenza danneggiando i consumatori.
Oppure sarebbe sanzionabile, pur non avendo una posizione dominante, se facesse un cartello segreto con altre imprese che impedisse la libera concorrenza e che danneggiasse i consumatori. Tutto questo è attualmente lontano dalla realtà ma non è escluso che possa accadere in futuro.
Ho lavorato quasi sempre per imprese americane in Italia. Nella mia esperienza vi posso assicurare che abbiamo sempre cercato di aiutare le aziende italiane e straniere, senza mai fare distinzioni o favoritismi.
- Nel caso di Linkedin, le carenze e le strategie commerciali attuali, mi sembra che possano limitare la competitività delle imprese italiane all’estero e favorire, ad esempio, quelle americane. Fortunatamente le alternative a Linkedin sono molte.
Da cosa sono prodotte queste strategie di Linkedin? Oppure, cosa producono queste strategie?
Dalla trimestrale di ottobre 2014 si scopre che gli Stati Uniti costituiscono il 60% di tutte le entrate di Linkedin. Gli utenti americani sono meno del 33% del totale degli utenti di Linkedin nel mondo.
Come dicono gli americani “follow the money”, in questo caso i numeri si possono spiegare in due modi:
- I piani di Inbound Marketing delle aziende americane sono ricchissimi.
- Oppure, Linkedin è debole e, forse per risparmiare sulle localizzazioni, è strutturato per dare servizi soprattutto alle aziende americane.
Se questa tendenza fosse generalizzata che conseguenze avrebbe?
Anche se le scelte commerciali o le carenze di Linkedin fossero legittime, come credo, in generale le nostre storie nel mondo le raccontano quasi solo gli altri per noi o non le racconta nessuno. Questo non è positivo per le aziende italiane. Si parla tanto di “story telling” e di inbound marketing per vendere i prodotti e fidelizzare la clientela. Purtroppo, se le nostre storie non le legge quasi nessuno e se i contenuti non si diffondono, la realtà diventa quella che ci raccontano e che disegnano i nostri concorrenti.
- Pensate ad esempio a un imprenditore importante a capo di una grande azienda italiana. Tipicamente, oltre a vendere in Italia esporta magari in America, Germania e India. Supponiamo che questo imprenditore ha come concorrente un’azienda americana che opera negli stessi mercati. Il CEO dell’azienda americana e i suoi migliori dipendenti potranno, ad esempio, ambire a diventare dei membri influenti su Linkedin. Potrebbero quindi essere seguiti più facilmente su Linkedin dagli iscritti di tutto il mondo.
Gli italiani influenti e le imprese italiane riescono a comunicare efficacemente nel mondo digitale?
Sono partito analizzando Linkedin, di cui sono un esperto. Gli stessi problemi potrebbe esserci su Facebook, Google, Bing e tutti gli altri social network e motori di ricerca.
Attualmente si stanno creando due tendenze apparentemente contrastanti nei Social Network:
- I social network cercano di promuovere in ogni modo la creazione di contenuti prodotti gratuitamente dagli utenti.
- I social network cercano di dare sempre meno visibilità ad alcuni contenuti prodotti dagli utenti.
Il contrasto è solo apparente perché se si produce un contenuto gratuito lo si fa perché possa diffondersi il più possibile.
I contenuti gratuiti si creano per soddisfare tante esigenze:
- Portare traffico sul proprio sito web.
- Fare self-branding.
- Fare Marketing.
- Diffondere un’ideologia.
- Condividere conoscenza.
- Strategie di personal branding.
- Per migliorarsi.
- Per sentirsi vivi, per vanità, ecc.
I social network e i motori di ricerca prima usano questi contenuti per farsi pagare la pubblicità, con il traffico prodotto da quei contenuti. Ma cercano anche di convincere chi ha prodotto il contenuto a fare il passo successivo, pagare per promuovere i contenuti che lui stesso ha prodotto.
Questo ha due conseguenze:
- Si incontrano più difficoltà che in passato a far diffondere i contenuti sui social network o sui motori di ricerca.
- È sempre più facile produrre contenuti di ogni tipo.
I Social Network e i motori di ricerca guadagnano anche dal traffico prodotto dai contenuti gratuiti che produciamo. Quindi, ci sarà sempre un modo di diffondere i contenuti gratuitamente.
Il vero contrasto dentro i Social Network è tra:
- Il desiderio di diffondere i contenuti per avere traffico.
- il desiderio di farsi pagare per promuovere e diffondere i contenuti, quasi fossero una pubblicità classica.
Tutto questo si può raffigurare così:
Anche Facebook ha dinamiche simili.
Non parliamo solo di Linkedin ovviamente, guardiamo velocemente cosa succede su Facebook.
Facebook da gennaio 2015 ha iniziato a dare ufficialmente meno peso agli aggiornamenti provenienti dalle pagine aziendali, nel caso di Facebook si possono anche chiamare “Fan Page”.
Questo cambiamento teoricamente dovrebbe “proteggere” gli utenti dagli aggiornamenti di content marketing provenienti dalle pagine aziendali. In realtà serve per incentivare le pubblicità a pagamento per i contenuti delle pagine aziendali.
Se si fosse voluto tutelare gli utenti sarebbero stato sufficiente mettere in mute le “Fan Page” che amiamo ma che ci disturbano negli aggiornamenti. Invece Facebook ha creato un filtro sugli aggiornamenti.
Ma come applica Facebook questo filtro o algoritmo sui nostri aggiornamenti?
- Ci saranno mai delle regole scritte chiare?
- Siamo sicuri che Facebook non alteri la concorrenza tra aziende o partiti politici con il suo algoritmo segreto?
Anche Facebook è un’impresa privata come Linkedin e deve poter decidere le sue strategie commerciali, ma queste domande bisogna iniziare a farsele. Il peso sempre crescente che assumono i contenuti di content marketing non ci permette di ignorare la questione.
La diffusione dei contenuti e delle storie italiane è importante anche per la ripresa economica.
Sono da sempre un amante e un estimatore del mondo anglofono e ho lavorato quasi sempre per aziende americane, ma sono anche un sostenitore della rinascita di questo paese e dell’Europa. Sempre di più il successo delle imprese e delle persone sarà dovuto anche dalla diffusione, dall’accesso e dalla gestione delle informazioni.
Esempi delle “difficoltà” di comunicare le storie italiane:
- All’estero e in America sono conviti che l’Italia sia stata salvata dei soldi dei contribuenti tedeschi, come Grecia, Spagna e Irlanda. Questa favola gira su Bloomberg e su molti altri media americani. Questa balla rimbalza in tutto il mondo e quando io, come altri, riusciamo a commentare questa notizia, siamo sommersi da post farneticanti. Risultato quasi nessuno ha recepito il messaggio che l’Italia è invece il primo contribuente pro-capite dell’Unione Europea e che, non solo non ha ricevuto gli aiuti, ma ha anche pagato i salvataggi di Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda!
- Analogamente, tornando all’esempio delle due aziende concorrenti, è molto probabile, che nella situazione attuale, la storia che Pulse promuoverà in Italia, in America, Germania, India, non sarà quella dell’azienda italiana ma probabilmente quella dell’azienda americana. La capacità di comunicare efficacemente i propri messaggi è un grosso vantaggio competitivo.
Come abbiamo visto, in alcuni, casi abbiamo delle difficoltà a far circolare le informazioni sull’Italia e sulle aziende italiane dal punto di vista italiano.
4 – Conclusioni:
Le aziende italiane dovranno imparare a comunicare anche in inglese e a non farsi penalizzare dai Social Media americani, in molti casi basta solo investire.
Gli editori italiani sono in lotta per ottenere più soldi da chi diffonde i contenuti su internet. Per gli autori e gli editori tradizionali è sempre più difficile farsi pagare per il proprio lavoro. Questo però non spiega del tutto la nostra difficoltà nel raccontare le nostre storie direttamente nel mondo.
Non credo ci sia un complotto ai danni delle imprese italiane ma credo ci sia una forte competizione che potrebbe schiacciarci. Visto che da molti anni, anzi troppi anni, il PIL Italiano cresce meno dei concorrenti qualche domanda è meglio farsela.
Siamo meno influenti nell’informazione mondiale di quanto pesiamo nell’economia.
Gli altri non raccontano solo le nostre storie, usano le nostre storie e la nostra cultura per vendere i loro prodotti, basta andare in Cina o in USA in un supermercato per rendersene conto.
Le aziende che si avvantaggeranno con la rivoluzione digitale, utilizzando le analisi dei Big Data (su questo punto potrei aiutarti), e facendo Self Branding e Content Marketing, potrebbero essere soprattutto quelle anglofone o nordamericane. Tutto questo diventerà sempre più importante per competere.
L’accesso all’enorme mole di informazioni prodotte da utenti e imprese accelera la rivoluzione digitale. Non porsi il problema di garantire l’accesso dall’Italia, quanto meno ai dati prodotti in Italia, potrebbe costarci caro in termini di competitività. I politici spesso non capiscono o non vogliono capire queste cose.
Se vuoi approfondire quest’ultimo tema ecco un altro post, che partendo dai Big Data, ti farà vedere come le aziende italiane restano escluse dalle gare internazionali.
Grazie