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Il conflitto inevitabile tra comunità online e social network

Le comunità online producono molta innovazione e i grandi social network, a parole, continuano a sostenerle. Le aziende si sono accorte dell’importanza delle comunità online ma purtroppo, in alcuni casi, solo per attirarle e per sfruttarle cinicamente.

1. La convivenza quasi impossibile dei gruppi nei social network.

Comincia a essere sempre più evidente che il rapporto tra i grandi social network e le comunità online, cresciute al loro interno, sta diventando problematico. In alcuni casi prevale ormai il disinteresse reciproco, in altri i tentativi di manipolazione, il fastidio o addirittura il conflitto.

I social network, i politici e le aziende vogliono sfruttare a loro vantaggio le comunità online. Questo è del tutto normale. Tuttavia, sia i social network che la politica non vogliono che le comunità online, che nascono liberamente, siano indipendenti e funzionali.

La retorica con cui i social network elogiano le comunità online serve solo a nascondere i veri obbiettivi. La realtà è molto diversa, le community e i gruppi nei social network sono tollerati dalle corporation solo se diventano galline dalle uova d’oro per loro e inutili per chi li gestisce. Di conseguenza, i gruppi, al loro interno, non posso assolvere efficacemente quasi nessun fine o scopo. Forse, per i social network, un gruppo deve essere una raccolta di membri divisi il più possibile, che di tanto in tanto lanciano una bottiglia nel mare delle conversazioni e che rimangono nel social network a perdere tempo.

  • Ad esempio, Linkedin ha prima nascosto i suoi gruppi e poi li ha anche depotenziati.
  • Su Facebook e Google+, non è mai stato possibile per gli amministratori e i proprietari dei gruppi mandare annunci ai membri del proprio gruppo, né tanto meno avere le e-mail degli iscritti.

I social network decidono cosa fare o non fare vedere nelle notifiche e spesso anche i contenuti nei gruppi sono filtrati dal social network.

Le comunità online sono state molte utili ai social network.

Finché i social network potevano sfruttare al massimo le comunità e i gruppi, creati al loro interno, tutto sembrava rosa. Linkedin è diventato quello che è oggi anche perché i gruppi funzionavano molto bene. Facebook poteva vendere i dati e le pubblicità mirate, con pochissimi vincoli e a chiunque.

Ad esempio, alle ultime elezioni USA i social network hanno avuto un ruolo, più o meno forte, nell’influenzare le masse di cittadini. Il potere di influenzare i potenziali elettori non era quello trasparente di chi possedeva dei gruppi nei social network. Il potere, reale o presunto, di influenzare i cittadini, e di conseguenza le elezioni, è di chi comanda i grandi social network e di chi li paga per rubare informazioni da loro mal custodite. In pratica, filtrando le informazioni si potrebbero influenzare i cittadini e, rubando i loro dati, si possono fare azioni più mirate, come poi accaduto realmente.

I social network hanno bisogno delle comunità online per molti motivi:

  • Le comunità online forniscono molte informazioni sui membri, da rivendere agli inserzionisti.
  • La presenza di gruppi con fini sociali dentro un social network lo può rendere “più rispettabile” e accettato.
  • Attraggono o fanno rimanere sul social network tante persone.

Alcuni social network hanno fatto di tutto per attirare chi voleva fondare delle comunità online.

Tutti i social networks cercano di crescere il più possibile come membri attivi e numero d’iscritti. Certe volte sembrano davvero disposti a tutto. Ad esempio, Linkedin in passato ha utilizzato la rubrica privata delle email degli iscritti per mandare ripetutamente e fastidiosamente inviti a iscriversi al suo social network. A ottobre 2015, Linkedin ha accettato di pagare 13 milioni di $ come risarcimento per queste pratiche discutibili, ufficialmente perpetrate tra il 2011 e il 2014.

Un’altra delle strategie subdole di Linkedin è stata quella d’illudere chi fondava un gruppo. Inizialmente, fino al 2008, era possibile avere tutto aprendo un gruppo su Linkedin. I gruppi erano molto utili ed erano visibili su internet con un loro indirizzo web. Addirittura, nei primi anni dalla fondazione di Linkedin, si potevano avere persino le email dei partecipanti al gruppo. Invece, oggi i gruppi non servono più nemmeno per organizzare una pizza tra amici.

Anche Facebook ha cercato di far crescere il più possibile i gruppi al suo interno. Ha avuto un approccio simile ma diverso. Ad esempio, Facebook non ha dato mai tanti vantaggi ai proprietari dei gruppi, ma anche lui dava più vantaggi all’inizio per attirarli. Infatti, alcune funzionalità utili venivano date inizialmente e poi rimosse automaticamente al crescere delle dimensioni del gruppo.

Un futuro precario per le comunità online e i gruppi su Linkedin.

Alcuni social network, quando hanno ottenuto quello che volevano grazie ai gruppi, li hanno cinicamente distrutti, senza nessun risarcimento per le persone che li avevano creati e sviluppati.

L’esempio più eclatante è Linkedin, una volta il posto migliore per sviluppare le comunità online. Dopo essere diventato grande, anche grazie al lavoro di chi gestiva i gruppi, da molti anni è impegnato nell’indebolimento dei gruppi.

Gli annunci di un rilancio dei gruppi Linkedin si susseguono negli anni. Il rilancio dei gruppi nel 2015 è stato un disastro pianificato e lo stesso si può già dire per il rilancio dei nuovi gruppi Linkedin nel 2018.

Linkedin ha progressivamente e inesorabilmente depotenziato i gruppi:

  • Nel 2009, ha nascosto le email dei membri dei gruppi.
  • Dal 2011 in poi, gli annunci al gruppo hanno incominciato a funzionare volutamente male.
  • Nel 2015, i gruppi sono stati resi invisibili fuori da Linkedin e sono stati resi quasi invisibili dentro Linkedin.
  • Nell’ultimo aggiornamento del 2018, Linkedin ha eliminato la possibilità di mandare annunci al gruppo e quasi tutte le funzioni di moderazione.

Tuttavia, Linkedin, imperterrito, continua a mandare messaggi di speranza e di fiducia nei gruppi. Lo fa con un cinismo che ormai rasenta la truffa. Vuole continuare a illudere le persone, senza dare ormai alcuna utilità in cambio.

Linkedin non si è accanito solo contro i gruppi.

Ad esempio, per tutti gli iscritti a Linkedin, i contatti personali di ciascun utente sono stati resi impossibili da gestire nella versione gratuita. Chi non paga Linkedin, ha perso tutte le classificazioni fatte sui contatti accumulati negli anni dentro Linkedin. Come se non bastasse, le ricerche tra i propri contatti sono state limitate solo a nomi e cognomi. Così, Linkedin ha mandato in fumo anni di lavoro dei proprietari dei gruppi e di tutti i membri di Linkedin che avevano organizzato la rubrica dei contatti.

Non mi meraviglia che Linkedin sia da molti anni sia il social network meno amato, o forse più odiato, negli Stati Uniti. Forse questo a Microsoft non interessa, il suo piano potrebbe essere quello di far diventare Linkedin un enorme CRM o un grande sito la ricerca di personale e per la formazione.

Tuttavia, se Microsoft permetterà a Linkedin di continuare a trattare da competitor da annientare chi vuole costruire qualcosa al suo interno e a corteggiare solo chi si limita a pagare i suoi servizi, rischia di far cadere Linkedin in una crisi irreversibile, come successo per altre acquisizioni.

Qualche proprietario di gruppi ha persino tentato una battaglia legale contro Linkedin.

Come si vede nell’immagine sottostante, qualcuno, negli Stati Uniti, aveva lanciando una class action contro Linkedin per aver ingannato i proprietari dei gruppi.

Annuncio avvio Class action proposta da uno dei proprietari dei gruppi contro Linkedin

Chiaramente bisogna poter dimostrare, come minimo, di aver fatto degli investimenti nei gruppi e di conseguenza di aver subito una perdita economica. Ho oscurato la sua e-mail per evitare abusi, chi fosse interessato può contattare Michael Crosson e gli altri direttamente. Io per ora resto a guardare come si sviluppa.

I gruppi Facebook, anche loro quasi inutili, per ora servono a Facebook.

I social network, dopo aver sfruttato i gruppi, spesso senza scrupoli e dopo gli scandali sulla privacy, dovrebbero teoricamente avere meno interesse nei gruppi. Invece, nel caso di Facebook, l’aumento dell’insofferenza e del crescente disinteresse nei suoi confronti lo sta spingendolo a dare importanza enfasi sui gruppi.

Onestamente, i gruppi Facebook non sono mai stati molto efficaci per chi li possedeva. Tuttavia, oggi i gruppi Facebook credo siano i migliori tra i social generalisti. Credo che Facebook stia usando i suoi gruppi per ripulirsi l’immagine e attrarre nuovi utenti. Infatti, ogni anno si moltiplicano gli eventi in cui Facebook, dimostrandosi il paladino delle comunità sociali online, cerca di attirare l’attenzione e le simpatie della gente.

Anche Linkedin ha accennato una vaga copia di questa strategia. Purtroppo, dopo qualche evento ipocrita qua e là, il tutto è culminato con il solito disastroso aggiornamento dei gruppi.

Comunque, come per gli altri grandi social network, le funzionalità più utili non saranno fornite ai proprietari dei gruppi su Facebook. Qualora fossero rese disponibili sarebbe solo temporaneamente.

La chiusura di Google+

Google era arrivato per ultimo con il suo social network generalista e non è riuscito a emergere. Forse proprio perché Google+ è stato meno scaltro e cinico di Linkedin e Facebook nella strategia sui gruppi.

Non aver illuso e violato gli utenti di Google+, credo che sarà un vantaggio per Google. Però, il comportamento più etico e coerente di Google, rispetto ai suoi concorrenti, forse ha limitato la popolarità di Google+. Tuttavia, ora i suoi concorrenti pagano con l’impopolarità e, forse in futuro, con grandi multe, le loro temerarie strategie.

Comunque, anche Google ha avuto qualche piccolo problema nel proteggere la privacy degli utenti su Google+. Quindi, visti i risultati non eccezionali e i rischi per la privacy, Google+ è stato chiuso il 2 aprile 2019.

Cosa rimarrà delle community e dei gruppi sui grandi social network?

Il motto degli antichi romani “Dividi et impera” è sempre valido. I proprietari e i manager delle comunità online devono essere separati dalle loro comunità per evitare di far crescere potenziali competitor economici e politici. Quindi, se le comunità online non possono essere sfruttate per “rubare i dati” o illudere i fondatori, servono a poco ai grandi social network.

Per non destare le preoccupazioni degli azionisti e dei leader politici, le comunità online devono essere giochini inutili facilmente manipolabili da persone esterne alle comunità. Per ottenere questo risultato vengono arruolati gli esperti di gamification e di neuroscienze. Il loro lavoro serve a creare una dipendenza e un attaccamento al social network senza fornire una reale utilità.

Invece, far lavorare le persone dando grossi vantaggi iniziali, che poi vengono progressivamente eliminati, è una pratica più da truffatori che da scienziati.  Queste persone magari hanno investito negli anni di tempo e denaro sulla piattaforma e poi, in pratica, perdono tutto. Mi sembra un modo di fare business come minimo eticamente deprecabile. Un po’ come fanno i truffatori che fanno vincere i giocatori per poi ripulirli quando hanno cominciato a puntare forte.

I social network sono diventati le nuove sigarette? Sono d’accordo, nel senso che cercano in ogni modo di produrre in noi una dipendenza, rubandoci anche tempo e un po’ di salute.

  • Marc Benioff, fondatore e amministratore delegato di Salesforce, che voleva comprare Linkedin, vorrebbe far regolamentare i social network. Lui dice che sono come le sigarette, creano dipendenza e nuocciono un po’ alla salute.

Però, bisogna stare attenti a non cadere dalla padella nella brace. La soluzione può essere più pericolosa del problema. Il rischio è che non si risolverà nulla ma verranno imposti limiti ai siti web e le piattaforme indipendenti, proprio come vorrebbero i poteri forti.

2. Le comunità online indipendenti dai social network sono vincenti.

Se ci sono gli strumenti per farle funzionare, le comunità online sono utili e importanti per l’innovazione sociale e per il business. Ad esempio:

  • Linux e WordPress non esiterebbero senza le loro comunità online di sviluppatori. In questi gruppi, lo sviluppo collaborativo open source accelera l’innovazione.
  • Il movimento di Beppe Grillo e Casaleggio non sarebbe nato se non si fosse creata una comunità online nel blog.
  • Anche nel settore commerciale le comunità online sono vincenti. Alibaba e Ebay sono delle enormi comunità di venditori online. Amazon ha dovuto cambiare modello di business. Invece di vendere solo direttamente, Amazon ha capito che doveva aprirsi e diventare una comunità di venditori.

Quindi, visto che i social network non sono più un posto adatto per fare crescere e prosperare le comunità, bisogna andare altrove.

Come costruire delle comunità online, libere e utili per finalità sociali e per il business.

La soluzione migliore, secondo me, è investire nello sviluppo di siti web e applicazioni indipendenti. Anche questo sito web, nato nel 2014, è frutto della consapevolezza della debolezza e dell’inutilità, sempre maggiore, dei grandi social network.

Grazie ai software open source, nati proprio da comunità indipendenti e libere, è possibile creare altre comunità sul web aperte e libere. Inoltre, il cloud computing ha reso più veloce, semplice ed economico il web hosting, facilitando ulteriormente lo sviluppo di siti web e applicazioni online.

Una comunità online, un forum o un sito web indipendente, permettono di far convergere le persone che condividono interessi comuni. I contenuti sono forniti o moderati dai proprietari, che pagando tutte le spese, non sono soggetti al controllo ormai intrusivo e limitante delle grandi multinazionali proprietarie dei grandi social network.

Comunità online indipendenti non significa necessariamente non manipolabili segretamente. Significa solo che chi le possiede ne ha il controllo. Quindi, nel caso di finalità sociali e soprattutto per i partiti politici, bisogna pensare a soluzioni più complesse per garantire trasparenza e tracciabilità. Si può aspirare a creare delle comunità online davvero utili alla politica e alla democrazia, che non siano loro stesse una fonte di pericolo per la democrazia. Ho provato a delineare una soluzione con questo ambizioso e visionario progetto tecnologico per la politica.

Ovviamente, queste non sono soluzioni per tutti, ma è l’unica strada seria per chi ha obiettivi sociali, di business o politici, che vogliano anche rafforzare la democrazia. Tuttavia, i social network vanno lo stesso usati, ma solo per diffondere i contenuti, senza farsi usare e manipolare da loro.


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Enrico Filippucci
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